lunedì 1 dicembre 2014

Malgrado tutto, Genova resiste.

Dal 1970 ad oggi sono state ben sei le alluvioni che hanno colpito Genova ed ogni volta ci sono state polemiche per la mancanza dell'allerta, i ritardi nei soccorsi, i danni incalcolabili non rimborsati e i morti che si sarebbero potuti salvare.
Il più drammatico è quello del 7/8 ottobre 1970, quando strariparono i torrenti Bisagno, Leira, Polcevera, Cantarena e Chiaravagna. La città di Genova e altri comuni vicini si allagarono in diversi punti. Vi furono oltre 2000 sfollati, 35 morti e 8 dispersi. Il 27 settembre 1992 abbondanti precipitazioni hanno causato lo straripamento dei torrenti Sturla e Bisagno, provocando due vittime. Il 23 settembre 1993 a Genova sono esondati alcuni corsi d'acqua, sono stati due i morti e tre i dispersi. Il 4 ottobre 2010, piogge torrenziali unite al dissesto del territorio hanno procurato danni nelle province di Genova e Savona, causando una vittima. Il 4 novembre 2011 a Genova e nella zona della Val Bisagno un violento nubifragio ha prodotto mezzo litro d'acqua in cinque ore e durante la notte la piena del fiume Bisagno e degli affluenti, in particolare il Fereggiano ha sommerso la città di oltre 2 metri. Ci sono stati sei morti e i danni ingentissimi. L'ultima drammatica alluvione è avvenuta nella notte tra il 9 e il 10 ottobre 2014. Nel comune di Genova sono esondati i torrenti Bisagno, Sturla, il rio Fereggiano, Noce, e Torbella.
Tutte queste tragedie sono state causate dalla particolare conformazione idrogeologica della provincia di Genova, unita alla mancata cura dei torrenti e all'edilizia selvaggia. La domanda è come sia possibile che, con tutti questi precedenti, la città non sia ancora preparata per limitare i danni causati dalle alluvioni e dalle esondazioni dei torrenti; ad ogni alluvione ci si lamenta del fatto che gli argini vadano rifatti, che ci sia la necessità di curarsi dell’ambiente, che occorra trovare i soldi per le opere di manutenzione. Ma appena si presenta la proposta di fermare il consumo del suolo o spostare i soldi utilizzati per le grandi opere alla cura del territorio, emerge l’ipocrisia della politica che probabilmente risponderà che va bene salvaguardare l’ambiente ma le grandi opere servono per creare posti di lavoro ed aumentare la competitività. In una situazione di grande tristezza e di gravità, la pagina bella è quella di una città che non si rassegna, che mette la speranza davanti allo sconforto, grazie anche ai tanti volontari come gli “angeli del fango” che armati di pale, carriole e braccia per spalare hanno, così come già nel 2011, lavorato duramente per ripulire Genova.
Migliaia di giovani, arrivati anche da altre regioni per ridare fiducia a chi aveva perso tutto e si sentiva abbandonato, soprattutto dallo Stato; studenti, rugbisti delle squadre liguri, ambulanti senegalesi, musulmani delle moschee del centro. Tutti insieme, indossando le magliette bianche con la scritta color fango “non c’è fango che tenga”, tutti insieme per dire che forse, un altro mondo è possibile.




Giorgia Visconti

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