Per qualcuno é un momento di libertá, per qualcuno un momento di riflessione, per qualcuno un semplice modo per sfogarsi, per qualcuno un modo per stare in compagnia o di amici o della sua musica, per altri vuol dire andare più veloce dei problemi che li inseguono mentre per altri é pura passione. Non esiste una vera definizione del verbo "correre", ma esistono diversi modi di viverlo e di affrontarlo.
Torino si é trasformata nella capitale dello sport e anche quest'anno, come ogni seconda domenica di novembre, nel centro della città si sono radunate moltissime persone pronte a correre la propria maratona. Gente d'ogni etá che ha provato a tirare fuori il corridore che risiede nell'animo di ognuno di noi per quanto possa essere nascosto.
Ad aver aperto la mattinata sono stati i bambini under 11 che con le loro pettorine blu, caratterizzate dalla buffa presenza del numero di telefono dei genitori, hanno percorso l'ultimo lunghissimo chilometro della maratona che parte da piazza Carlo Felice e finisce in piazza San Carlo.
Subito dopo la gara dei piccoli la città é stata invasa dai veri corridori pronti a percorrere quei 42 infiniti ma soddisfacenti chilometri. Il cordone dei maratoneti ha toccato Moncalieri e Nichelino, passando in corso Galfer e in corso Re Umberto prima di tornare verso il centro.
A vincere questa faticosissima gara é stato il kenyano Rutto Samuel con un tempo di 2 ore e 10 minuti, seguito dal suo compatriota Ngeno Ernest con un secondo in più del precedente.
Alle 9.40 é poi partita la "Stratorino", una manifestazione non competitiva di 7.5 km,alla quale hanno partecipato 12mila persone. Il motivo che spinge cosi tanta gente a prendervi parte é il fatto che non ci siano regole, infatti ciascuno può decidere come percorrerla: in bici, camminando, correndo, oppure spingendo un passeggino o una carrozzina.
“E’ la terza edizione della stratorino a cui partecipo e quest’anno, a differenza degli altri due, ad accompagnarmi per tutto il tragitto è stata mia sorella Giorgia che non ha potuto correre a causa di un infortunio al ginocchio e non mio padre Davide.” Sono le parole di Carlotta, una ragazza di 19 anni che ha una tetraparesi distonica dalla nascita.
Ci ha anche raccontato che durante il tragitto ha avuto modo di incontrare molte persone e da altre ha ricevuto bellissimi sorrisi e incoraggiamenti.
Questo ci dimostra come lo sport possa avvicinare realtà molto diverse tra loro e, anche se solo per una mattina, riesca ad allontanare le preoccupazioni e i problemi.
Fare sport non vuol dire solo bruciare calorie o tonificare i muscoli, ma significa divertirsi e allo stesso tempo crescere.
Si pensa allo spazio come all'odissea di Kubrik in cui uomini sexy in tute
bianche si preoccupano soltanto di non finire nell'orbita di un buco nero,
rischiando eroicamente la loro vita per il progresso scientifico.
Ci dimentichiamo però che sono umani e pertanto conservano anche lassù
l'amore per la buona cucina. Il buon cibo può essere non solo fonte di
piacere,ma anche un modo per alleviare le fatiche "spaziali".
Se nel 1961 Yuri Gagarin, cosmonauta e aviatore sovietico, spremeva tre
tubetti di carne e cioccolato, nel 2013 Luca Parmitano portò con se sulla
stazione spaziale internazionale (ISS) risotto, lasagne, parmigiana di
melanzane, caponata e tiramisù.
L'agenzia torinese di Space Food Argotec, ha ideato anche il cosiddetto
"bonus food" che consiste in una serie di ingredienti e alimenti che
gli astronauti possono scegliere; si tratta del cibo delle grandi occasioni!
Dato che la permanenza nello spazio è prolungata nel tempo, l'alimentazione
aiuta l'astronauta a tornare a casa con la memoria poichè fa leva su tutti i
sensi.
David Avino, menaging director di argotec, spiega: "Circa due anni
prima di partire vengono da noi e ci chiedono di preparare dei piatti speciali
generalmente legati alla tradizione culinaria del loro paese di provenienza.
Non è possibile mandare qualunque cosa nello spazio, ma facciamo il possibile
per accontentarli".
Ogni richiesta culinaria è una vera e propria sfida: le briciole ad esempio
sono vietate poichè a causa dell'assenza di gravità rischierebbero di
danneggiare gli strumenti delle navicelle e le vie respiratorie degli
astronauti. Il cibo inoltre dev'essere poco ingombrante e in grado di
conservarsi per mesi, dev'essere stabile e sterile, semplice da preparare, da
aprire e mangiare.
Immaginate di trovarvi davanti a cibi semisolidi e incolori per mesi, non
sarebbe deprimente? Il cibo si mangia in primis con gli occhi ed è importante
quindi equilibrare la parte nutrizionale con un aspetto appetitoso.
La prossima sfida è far bere agli astronauti un caffè italiano. Argotec,
insieme alla lavazza è impegnata nel progetto" ISSpresso" che fornirà
alla stazione spaziale internazionale una macchina per il caffè a capsule
studiata appositamente per l'ambiente spaziale. Dall'antipasto all'espresso il
menù spaziale sarà davvero completo. Tale macchina arriverà in orbita nel
Novembre 2014, trasportata da Samantha Cristoforetti.
Si cerca sempre più di rifornire gli astronauti di cibi ricchi di calcio per
evitare l'atrofismo dei muscoli e l'indebolimento delle ossa. Le ossa, i
muscoli, il cuore e tutti gli organi cambiano in assenza di peso e per questo
un'alimentazione sana, controllata ed allo stesso tempo stuzzichevole al palato
è davvero un obbiettivo difficile da raggiungere e per il quale moltissimi
giovani scienziati lavorano ogni giorno da anni.
Il 1914 è una data memorabile e funesta per l'Europa che segna l’inizio della Prima guerra mondiale che fu davvero decisiva per i destini della civiltà. Con la Prima guerra mondiale cominciò il tramonto delle potenze europee, comprese le vincitrici in ambedue i conflitti mondiali. Il conflitto ebbe inizio il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'Impero austro-ungarico al Regno di Serbia in seguito all'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo, e si concluse oltre quattro anni dopo, l'11 novembre 1918. La guerra vide schierarsi le maggiori potenze mondiali, e le rispettive colonie, in due blocchi contrapposti: da una parte gli Imperi centrali (Germania, Austria-Ungheria, Impero ottomano) e dall'altra le potenze Alleate. Man mano che procedeva, la guerra raggiunse una scala mondiale con la partecipazione di molte altre nazioni. Determinante per l'esito finale fu nel 1917 l'ingresso degli Stati Uniti d'America a fianco degli Alleati. Diverse altre nazioni si schierarono contro gli Imperi centrali, spesso non entrando nel conflitto armato, ma dispensando importanti aiuti economici. La guerra si concluse definitivamente l'11 novembre 1918 quando la Germania, ultimo degli Imperi centrali a deporre le armi, firmò l'armistizio imposto dagli Alleati.
Il 1914 è certamente un anno che ha cambiato la storia sociale, culturale, economica e politica del nostro Paese e dell'Europa, prima che del mondo intero. Per questa ragione, dopo cent'anni dall'inizio del conflitto, i Paesi che presero parte alla prima guerra mondiale, si impegnano a commemorare il sacrificio dei propri caduti e le vicende belliche della Grande Guerra.
C’è un brano musicale che durante la Grande Guerra veniva suonato dai trombettieri per commemorare i caduti, si chiama “ Il silenzio”. Il 27 luglio di quest’anno tutte le nazioni che hanno preso parte allo scontro bellico, alla stessa ora, per mano di un loro musicista nazionale famoso, hanno eseguito il brano come simbolo di un atto di pace in uno dei luoghi piu’ importanti durante la guerra per il loro paese. In Italia il brano è stato eseguito egregiamente da Paolo Fresu sull’Altopiano di Folgaria in Trentino.
Esecuzione del brano di Paolo Fresu in Trentino
Nella nostra capitale invece, anche in omaggio ai 25 anni della caduta del Muro di Berlino, Catherine Colonna, Ambasciatrice di Francia, e Reinhard Schäfers, Ambasciatore della Repubblica federale di Germania hanno accolto gli ospiti a Palazzo Farnese con un concerto per l’Europa della pace e della speranza intitolato Oltre i confini – l’amicizia musicale franco-tedesca .
Inoltre, sempre a Roma,è stata inaugurata la prima mostra in 3D sul Centenario della Guerra Mondiale: “TRINCEE ’14/18- La Grande Guerra negli occhi di un soldato”.
Un percorso unico che, grazie ad una esclusiva collezione di 1000 lastre fotografiche stereoscopiche tridimensionali, scattate nelle prime linee, permetterà a tutti i visitatori di immedesimarsi nella vita quotidiana e nelle storie vissute dai soldati in 4 anni di guerra, rivedendo quello che hanno visto loro esattamente come lo hanno visto.
A Berlino è esposta la mostra – che si concluderà il 30 novembre - dal titolo "Der erste Weltkrieg 1914-1918" presso il Museo di storia della Germania. Il percorso di visita comprende 14 luoghi particolarmente significativi per la Germania raccontati attraverso l'esperienza individuale di altrettanti soldati, e rivela i diversi modi di vivere e interpretare l'orrore del primo conflitto mondiale
Londra invece con un semplice gesto ma di grande effetto e che ha fatto commuovere tantissime persone ha colpito nel segno : sono stati installati 882 mila papaveri in ceramica alla Torre di Londra in ricordo degli altrettanto numerosi caduti inglesi nella Grande Guerra.
Il ricordo è ancora vivo non solo nelle manifestazioni fatte in occasione del centenario, ma anche nei cuori di quelle persone che, pur non avendo vissuto il conflitto in prima persona, hanno conosciuto le sofferenze di quel periodo attraverso i racconti dei loro familiari.
Qui riportiamo una breve intervista in cui il signore Armando Ferrero racconta un’esperienza vissuta da suo nonno.
Racconto di Armando Ferrero
Concludiamo con un video che riporta dieci cose incredibili sulla guerra che spesso non vengono ricordate o che peggio non si conoscono, perché riteniamo sia importante non dimenticare nulla dell’orrore della prima guerra mondiale, così che mai piu’ debba ripetersi una tale tragedia
Chiamatela bravura, casualità, fortuna. Chiamatela con il nome che più vi piace, ma avendo chiara l'idea di un avvenimento che per l'Italia è ormai fuori dall'ordinario. I fratelli bresciani Alessandro e Andrea Vinai, in arte solo "VINAI" tutto in maiuscolo si ritrovano sul tetto del mondo.
Quest'estate hanno centrato per la terza volta di fila la prima posizione della classifica mondiale di EDM (electro dance music) con il loro singolo "How We Party".
I due dj e producer italiani, rispettivamente di ventiquattro e vent'anni, avevano iniziato con una consolle mezza rotta e molta voglia di stupire nel 2008 suonando nella provincia di Brescia ad alcune feste, ed ora si ritrovano immersi in una vita da star, su e giù dagli aerei in un tour continuo che da dicembre 2014 toccherà Europa, Asia ed Oceania. Il 28 luglio scorso, testimoniando di aver completato la scalata verso il successo, i VINAI si sono esibiti al Tommorrowland, un festival che ai più nostalgici può ricordare una sorta di Woodstock moderno dalla durata di tre giorni di musica elettronica e fuochi d'artificio no stop. Da neofiti dell'evento hanno subito suonato sul palco centrale collaborando con R3hab, un altro dj di fama internazionale.
I VINAI stanno vivendo un sogno ad occhi aperti, e sembra proprio che non abbiano alcuna intenzione di svegliarsi. Ahmed de Lucis
Le strade di ogni metropoli sono ricche di opere d'arte nascoste, non fissate ad un muro e soffocate in una maestosa cornice d'oro di qualche museo, che ci si possono presentare in moltissime forme. Dalla fusione tra strada e arte nasce appunto, poco prima dell'inizio del XI secolo, la STREET ART, un movimento che utilizza spray, sticker, stencil, proiezioni video e persino sculture per esprimere le più svariate idee e opinioni. Chiunque abbia avuto la fortuna di vivere gli anni di sviluppo di quest'arte può confermarne il grande impatto che produce sugli osservatori : l'irriverenza e la maestosità di certe opere non possono essere ignorate. E chiunque ricordi quel periodo, citerà sicuramente un nome strano e difficilmente pronunciabile, quello di BANKSY.
Ma chi è questo individuo di cui nessuno ha mai saputo l'identità e che ha prodotto alcuni tra i più celebri lavori di street art?
Banksy nasce nei primi ani '70 a Bristol, nel sud dell'Inghilterra, dove fece la sua prima apparizione nel mondo del writing con la crew "DBZ" e dove, pochi anni dopo, organizzò un raduno di writers che richiamò anoartisti da tutta Europa.
Il suo stile caratteristico è subito riconoscibile: i soggetti preferiti degli stencil dell'artista sono animali come scimmie, rappresentate per sminuire, a causa della loro somiglianza con il genere umano, l'intelligenza e i comportamenti di quest'ultimo, ratti, animali odiati e ripudiati da tutti, il cui nome anagrammato compone la parola "ART" (Rat --> Art), poliziotti, soldati, bambini e aanonziani.
Una delle opere contro la guerra, conosciuta come "Girl Searching A Soldier"
"Kissing Policemen", uno degli stencil più famosi e contestati di Banksy, a Bristol
Ma il genio di questo artista non si è limitato a diffondere l'arte per le strade: sono infatti famosi i suoi tre interventi di Banksy in contesti molto più protetti. Una delle sue caratteristiche era quella di riuscire ad intrufolarsi in grandi musei ed esporre illegalmente le sue riproduzioni di opere precedenti tra la collezione del museo, che veanonivano scoperte solo dopo pochi giorni.
Chi è stato quindi Banksy? Un grande artista, che è riuscito a trasmettere concetti molto forti tramite la sua arte...forse è anche lui uno dei suoi stencil, quello che li racchiude tutti e ne esprime al massimo i concetti, un uomo che ha dedicato la suanoa vita all'arte non meno di grandi nomi come Renoir o Van Gogh. il "Giotto" della Street Art.
DOCUMENTARIO "EXIT THROUGH THE GIFT SHOP"
" Alcune persone diventano dei polizioanotti perché vogliono far diventare il mondo un posto migliore. Alcune diventano vandali perché vogliono far diventare il mondo un posto dall'aspetto migliore. " -Banksy
I graffiti. Scarabocchi privi di senso e di utilità, simbolo del degrado della società, sporcizia. Così la maggior parte della gente definisce quest’arte alternativa. Ma siamo sicuri che non abbiano né un senso né un’utilità? La risposta a questa domanda la si trova banalmente digitando due semplici parole su internet: Skid Robot.
26 settembre 2014
Skid Robot , come lui stesso si definisce sul suo profilo Instagram, è un artista anonimo californiano che cerca una soluzione alla povertà estrema attraverso l’arte. Esattamente come c’è scritto sul suo profilo questo writer con il solo utilizzo di spray colorati e qualche pennarello sta dipingendo i muri dell'intera Los Angeles in modo del tutto originale. Skid non crea semplici graffiti ma disegna i sogni dei senzatetto. Un letto a baldacchino, una casa calda e accogliente, morbidi cuscini. Spruzzi di colore su pareti sporche e grigie che apparentemente possono sembrare completamente privi di utilità ma che in realtà sono in grado di cambiare la visione delle vita di una persona. Skid Robot con disegni molto semplici, addirittura banali, è riuscito ad accendere un barlume di speranza nella vita di gente che ormai non ne ha più da tempo.
Tutto ciò non è frutto della sola immaginazione di quest’originale artista. Skid Robot non improvvisa mai nelle sue opere. Prima di creare ogni singolo graffito egli si assicura di conoscere abbastanza a fondo il soggetto a cui si ispira facendo una lunga ricerca: l’artista infatti si informa sulla storia e la vita del senzatetto e specialmente sui suoi sogni. Tutto ciò lo scopre trascorrendo del tempo con l’interessato, donandogli dei soldi e dedicandogli qualche attenzione.
9 agosto 2014
Al termine di ogni suo disegno Skid posta la foto su Instagram commentandola con una didascalia nella quale racconta tutto ciò che sa su il soggetto della sua opera.
''Ben è stato rilasciato dall'ospedale senza scarpe. Non era in grado di camminare perché era stato colpito alla schiena e alla fine l'ospedale l’ho ha gettato in strada come tanti altri. Gli ho offerto un pasto ma ha rifiutato, invece ha chiesto carta, matite, penne, in modo che possa scrivere e disegnare. Ha detto che gli piace molto l'arte e la usa per disegnare se stesso. Avevo un quaderno abbastanza nuovo, un paio di penne e pennarelli con me, che gli ho potuto dare subito insieme a un po’ di soldi, in modo che potesse mangiare più tardi”..
Skid Robot con la sua arte sta cercando di donare qualche sorriso e qualche gioia in più alle persone meno fortunate e sta tentando di diffondere il suo pensiero nel mondo facendoci capire che bastano semplici gesti come un sorriso per migliorare la giornata di queste persone e dimostrandoci chiaramente che i graffiti, spesso considerati solo sporcizia, sono tutt'altro che inutili scarabocchi. Bianca Panarelli
C'era una volta la scultura classica. La scultura caratterizzata da materiali opachi, pesanti come il marmo, il legno. L'opera assorbiva la luce e con essa lo sguardo per porre l'attenzione sulle forme, sui volumi, sulla solidità e sulla staticità degli oggetti. Michelangelo, Donatello, Raffaello, Canova hanno creato opere secondo questi valori per rappresentare il mondo che li circondava.
Poi il mondo è cambiato. La solidità è svanita a poco a poco per lasciare spazio ad un mondo fatto di idee, di concetti. L'arte concettuale ha preso piede, ma non bastava. La trasformazione, la velocità del cambiamento sono diventate il centro. L'effimero, la caducità e la leggerezza hanno preso il controllo. E l'idea, il concetto si sono frantumati. Sono nate così opere in antitesi con la scultura classica. Opere completamente diverse da ciò che questa arte era in principio.
Questa nuova tendenza si è sviluppata tra molti artisti contemporanei. Nicola Bolla è un'artista di riferimento per questa nuova concezione. Forse uno dei suoi fondatori.
Artista piemontese, nasce a Saluzzo nel 1963 e oggi vive a Torino.
La sua carriera, che in un certo senso è iniziata fin da piccolo, poichè figlio d'arte, risale al 1984 con l'esposizione alla galleria Martano di Torino. A partire da mostre torinesi, ha esposto al di fuori dell'Italia, anche in territori oltreoceano come New York. Bolla è uno degli artisti piemontesi più conosciuti e più apprezzati al mondo. Il suo pensiero è stato influenzato da Francis Bacon, pittore irlandese del Novecento e dagli artisti dell'arte povera, ma ha sviluppato uno stile del tutto personale.
"Skull", il teschio tempestato di swarovski di Nicola Bolla
Il materiale che maggiormente utilizza è lo swarovski. Un materiale leggero, che riflette, a differenza di quelli tipici della scultura classica.
La luminosità superficiale del cristallo fa perdere all'opera il suo peso specifico e rende bene l'idea dell'effimero che ci circonda. Questo materiale così prezioso esprime in modo efficace l'inutilità del lusso. Ne è un esempio l'immagine a sinistra: questo teschio presenta i concetti principali dell'arte di Nicola Bolla. L'artista ha realizzato il primo teschio in swarovski nel 1997, intitolandolo "Skull". Qualcuno sostiene che l'artista inglese Damien Hirst, che ha creato nel 2007 il teschio in platino e diamanti "For the love of God" abbia copiato o almeno si sia ispirato all'opera dell'artista piemontese.
Due pappagalli creati con le carte d a gioco da Nicola Bolla
Come si vede nell'immagine a destra, utilizza anche altri materiali, come le carte da gioco. Un uso insolito ma d'effetto. Con questo materiale crea grandi uccelli, in questo caso due pappagalli, che trasmettono l'azzardo e la mutevolezza delle cose. In questo modo ricostruisce fedelmente una realtà naturale, che però rende artificiosa attraverso la finzione rappresentata dalla carte. Infatti, queste possono essere paragonate ai personaggi di un'opera teatrale, che apparentemente fanno parte di un mondo vero, ma al quale in realtà sono estranei.
L'artista, che ha da poco esposto le sue opere nelle due fiere torinesi Artissima e Paratissima, sta lavorando a diversi progetti tra cui un lavoro a quattro mani con un famoso mosaicista di Ravenna.
Si può dire che Nicola Bolla abbia rielaborato il concetto di scultura, utilizzando quest'arte per rappresentare la realtà che ci circonda per quello che è veramente, fugace e mutevole.
Per approfondimenti, ascoltate direttamente le sue parole nell'intervista che mi ha concesso: Intervista a Nicola Bolla Francesca Lionetti
Bambini e ragazzi ne vanno matti, sarà
per i loro colori sgargianti e vivaci o per il loro sapore forte e invitante o
per il loro prezzo minimo, insomma, stiamo parlando del junk food.
Il junk food, cioè il "cibo
spazzatura", è diventato una vera e propria icona nella cultura popolare
degli ultimi decenni. Infatti se prima potevi trovarlo nei fast food o nei
distributori automatici, ora lo vedi proprio ovunque.
Dall’arte alla musica il cibo regna
sovrano. Si mescolano cromie e tonalità tipiche degli anni ’80 con le figure e
le immagini di tendenza del 2000, il millennio della sperimentazione e la
modernizzazione del vintage.
L’artista australiano Ben Frost ha
dedicato una delle sue mostre più famose di pop art alle patatine fritte del McDonald’s,
noto fast food americano che possiede il monopolio sui cibi economici e
insalubri.
Jeremy Scott, stilista trasgressivo e
fuori dagli schemi, ha collaborato con la casa di moda italiana Moschino al
fine di creare una linea di abbigliamento per l’autunno 2014 ispirata al junk
food che ha riscosso un enorme successo in tutto il mondo.
Cover, borse, vestiti, scarpe, tutto influenzato dalla grande famiglia dei fast food made in USA.
Alcuni cantanti pop hanno utilizzato per i loro
video musicali disegni stilizzati in movimento che raffigurano cibi colorati e
grassi, come ha fatto Katy Perry nel video del suo ultimo brano“This is how we
do”, in cui vi sono pezzi di pizza e gelati che ballano e camminano per tutto lo schermo.
Anche nei cartoni animati troviamo il cibo
spazzatura, come in Spongebob, serie che racconta la storia di una spugna di
mare che lavora in un fast food per cucinare il celebre Krabby Patty, ovvero un
semplice hamburger.
Non c’è dubbio che, se il nostro organismo
preferisce cibi sani e salutari, l’arte sia totalmente in disaccordo. Rassegnamoci
al fatto che il junk food va mangiato di meno e osservato di più, perché anche
da una semplice ciambella o un paccheto di caramelle potrebbe nascere un
progetto artistico fantasioso e innovativo.
Il 13 novembre 2014 è stata inaugurata una nuova pista
ciclabile in Olanda in occasione del 125° anniversario della morte del celebre
pittore postimpressionista Vincent Van Gogh che cade nell’anno 2015 poiché è
scomparso il 30 maggio 1853.
La particolarità di questa pista progettata dal designer
olandese Daan Roosegaarde sta nelle mattonelle da cui è
composta, le quali,grazie ad una speciale vernice da cui sono ricoperte,
sfruttano l’energia solare accumulata durante il giorno per poi illuminarsi al
tramonto colorando la via e raffigurando il cielo del famoso quadro “Notte
stellata” del pittore.
La pista ciclabile di
Roosegaarde lunga 600 metri si trova a Nuenen, appena ad est di Eindhoven
e attraversa la provincia olandese di Noord Brabant, dove il pittore è nato
e cresciuto.
La tecnologia utilizzata è la stessa
impiegata per delineare con linee luminose le nuove smart highways, strade a percorrimento
veloce, più sicure, belle ed ecologiche.
Questo è solo uno dei tanti progetti relativi
all’artista che la Van Gogh
Europe Foundation ha organizzato per celebrare la figura del pittore che
ancora oggi è una grande fonte d’ispirazione.
Autoritratto
Infatti nel corso
dell’anno in diverse città dell’Olanda, del Belgio, della Francia e
dell’Inghilterra, cioè nei luoghi che hanno segnato la vita del pittore, si
terranno mostre ed eventi culturali, come quella che ci sarà ad Amsterdam dal
25 settembre 2015 al 17 gennaio 2016, che per la prima volta metterà a
confronto le opere di Van Gogh con quelle di Edvard Munch.
Anche l’Italia si mobilita
a favore di questa iniziativa organizzando una mostra al Palazzo Reale di Milano dal 18 ottobre 2014 all’8 marzo 2015. L’esposizione italiana mira ad approfondire il
rapporto tra l’uomo e la natura che lo circonda, manifestato in varie opere
dell’artista che raffigurano momenti di vita contadina.
Tutte queste iniziative
rendono omaggio ed elogiano un artista che anche dopo 125 anni dalla sua morte
continua a emozionare e ad appassionare persone di ogni generazione.
Sono trascorsi 25 anni da quel 9 novembre 1989 che vide crollare il simbolo della disunità, della Guerra Fredda, il Muro di Berlino, ostacolo morale e fisico. Un avvenimento che ha fatto riscrivere i libri di storia e che ha promosso innumerevoli iniziative e concerti.
Che suono ha provocato il crollo quel muro, fautore di morte e di distacco? Bisognerebbe chiederlo al compianto
Mstislav Rostropovich che, in quel memorabile giorno, creò con il suo violoncello la colonna sonora di uno dei più importanti eventi storici del Novecento. Signor Rostropovich, ma che suono hanno i muri che cadono? Domanda che, a distanza di anni, si è posta anche la città di Torino, la quale affidandosi al maestro Giovanni Sollima, ha proposto il 9 novembre scorso al teatro Regio una serata di memoria, per non dimenticare. Il compositore palermitano ha infatti arricchito il palco con 100 violoncellisti proponendo una selezione di pezzi
musicali intervallati da letture di testi scelti dallo scrittore Andrea
Bajani. Ad alternarsi nel reading è stato lo stesso Bajani con l'attrice Michela
Cescon. Inoltre, a coronare il palco con forti emozioni sono state le immagini provenienti
dall'archivio Magnum Photoshop, con scatti di grandi fotoreporter
proiettati su maxischermo della sala. L'iniziativa è stata accolta con entusiasmo anche dalla RAI che tramite RAI Cultura ha trasmesso il concerto su RAI 5 dalle 21:15, con l’obiettivo di raggiungere il grande pubblico nazionale attraverso un progetto di prestigio internazionale.
Violoncellisti all'opera nella serata I suoni dei muri che cadono (da Repubblica)
Il concerto della serata I suoni dei muri che cadono (da Repubblica)
Cecilia Pampararo, che anche con il suo violoncello ha reso il concerto indimenticabile, ha sentito profondamente e direttamente la serata. Cecilia, seppur sedicenne, ha già partecipato a numerosi concerti e conosce ormai da anni la magia che suscita il suo strumento : « Sono fiera di aver aver partecipato a un evento di notevole importanza storica oltre che musicale, mi sono sentita onorata di aver fatto parte di un gruppo di 100 violoncellisti, un numero comunque ristretto », spiega la ragazza che ha aggiunto : « In un mondo sempre più globalizzato è fondamentale che una città come Torino dedichi degli appuntamenti al confronto tra paesi ». E Sollima? « E' una figura geniale, pazza e talentuosa, lui e il suo violoncello sono una cosa sola ». Cecilia ha anche raccontato le emozioni che prova quando il suo archetto si muove trasversalmente sulle corde dello strumento : « Suonare il violoncello mi suscita molte emozioni diverse in base al mio stato d'animo in quel preciso momento, come quando si ascolta la musica ».
Come già anticipato dalla ragazza, Torino per tutto il 2015 incontrerà Berlino . Il ricco programma, a partire da gennaio, verrà presentato ogni tre mesi
e avrà in calendario tantissime iniziative, alcune già
studiate e altrettante ancora in progettazione. Quindi, se siete amanti della cultura tedesca oppure semplicemente vi piacciono wurstel e crauti, niente più vacanze all'estero per il prossimo anno, ci saranno abbastanza iniziative da farvi divertire 365 giorni a Torino. Non vi resta che attendere!